Sono interessati i Comuni di Sestri Levante, Casarza Ligure, Castiglione Chiavarese, Rapallo, Zoagli, Lavagna, Cogorno, Arenzano e Cogoleto.
Il Giudice di Pace di Chiavari, il Tribunale di Genova e la Corte di Appello di Genova hanno sentenziato che i cd ” depuratori” di molti Comuni dell’Ato Genovese non svolgono alcuna attività di depurazione dei reflui, ma si limitano ad un mero conferimento a mare dei liquami non trattati. Pertanto, centinaia di associati hanno ottenuto il rimborso della quota di depurazione in bolletta degli ultimi dieci anni ed il gestore del servizio idrico integrato è stato tenuto a rimborsare le somme in favore degli utenti, oltre al pagamento delle spese legali.
Le sentenze vincenti sono più di duecento e trovano fondamento in una apposita normativa europea che impone l’adeguamento degli impianti, ma nè i gestori della rete idrica, nè l’Ato hanno vi provveduto. A ciò si sommano le ripercussioni sull’inquinamento marino, per via dei reflui scaricati in mare senza adeguato trattamento.
E’ il caso, per esempio, dell’impianto di Portobello, alle spalle della Baia del Silenzio, anch’esso «sorvegliato speciale»: anche in questo caso sono state emesse innumerevoli sentenze positive, poiché l’impianto, ormai obsoleto, andrebbe adeguato, se non quasi interamente ricostruito. «Un altro nostro obiettivo, oltre al recupero delle somme patrimoniali versate per un servizio non reso, è quello della salvaguardia dell’ambiente marino. Vorremmo una revisione della Carta dei servizi dell’Ato genovese, che regola i rapporti tra utenti e gestore del servizio, affinché i rapporti siano più trasparenti e volti ad una serie di traguardi: maggior efficacia della rete idrica, anche a livello di depurazione, rispetto agli oneri pagati in bolletta. Ad oggi è mancata proprio questa partecipazione.
Una svolta determinante si è avuta con la sentenza della Corte di cassazione n. 1998/2020. Secondo questa giurisprudenza la tariffa del servizio idrico integrato ha natura di corrispettivo di una prestazione complessa che trova fonte, per una quota determinata dalla legge, nel contratto di utenza: ne deriva che, a seguito della pronuncia n. 335 del 2008 della Corte Costituzionale, la quota afferente il servizio di depurazione non è dovuta nell’ipotesi di mancato funzionamento dello stesso per fatto non imputabile all’utente, stante l’assenza della controprestazione; ne deriva ancora che, qualora l’utente abbia pagato indebitamente la quota afferente il servizio di depurazione delle acque, per non essere stato svolto il detto servizio egli ha diritto alla ripetizione dell’indebito ai sensi dell’art. 2033 c.c 1.
La Cassazione chiarisce che il diritto alla ripetizione dell’indebito è soggetto all’ordinario termine di prescrizione decennale ex art. 2946 (Art 2033 cc: “chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere ciò che ha pagato. Ha inoltre diritto ai frutti e agli interessi dal giorno del pagamento, se chi lo ha ricevuto era in mala fede, oppure se questi era in buona fede, dal giorno della domanda (Art 2946cc: “Salvi i casi in cui la legge dispone diversamente, i diritti si estinguono per prescrizione con il decorso di dieci anni).
È ormai fatto noto che molti impianti sul territorio regionale (a titolo esemplificativo Rapallo, Sestri Levante, Lavagna, Arenzano, Cogoleto, Torriglia località Bavastri, Alassio, Albenga e Andora) non svolgono alcuna attività di depurazione secondo le prescrizioni della Direttiva 91/271 CEE e non hanno alcuna autorizzazione allo scarico dei reflui nell’ambiente marino, come testimoniano gli annuali sopralluoghi compiuti da Arpal.
Nonostante molti dei Comuni citati siano incappati nella infrazione comunitaria per mancato adeguamento dell’attività di depurazione dei reflui, i gestori continuano a pretendere il pagamento della quota di depurazione, che grava sul costo integrale della bolletta per circa 1/3.
Onda ligure ha già ottenuto il riconoscimento al legittimo rimborso in favore dell’utente della suddetta quota in svariati contenziosi, i quali, ad iniziare dalla sentenza n.335/2008 della Corte Costituzionale, hanno sancito il giusto principio della correlazione tra il pagamento del corrispettivo e il servizio reso.
Siamo consapevoli che il problema non coinvolge solamente l’aspetto economico negativo per l’utente, ma riguarda anche la maggiore trasparenza nella determinazione della tariffa e un ripensamento dei rapporti tra consumatore e gestore con una integrale revisione della Carta dei Servizi e del Regolamento di Utenza, che abbiano primariamente la preservazione del bene primario e pubblico dell’acqua e dell’ecosistema marino.